05 marzo 2007

Bloody Sunday


Foto cortesia del New York Times.

Domenica scorsa si è celebrata la ricorrenza di uno dei momenti chiave del Civil Rights Movement: le marce da Selma a Montgomery, Alabama. È il marzo 1965, oltre 600 persone si mettono in marcia da Selma alla volta della capitale dello Stato per manifestare in favore del diritto di voto. Ma poco dopo la partenza, i manifestanti vengono caricati dalla polizia: le immagini televisive fanno il giro della nazione, la violenza della carica (da cui Bloody Sunday) sciocca il pubblico americano e conquista larghi favori al movimento. Selma rappresenta il picco di dieci anni di lotta: dal rifiuto di Rosa Parks sul bus di Montgomery, alla guardia nazionale di Faubus contro gli studenti neri, al discorso sul Civil Rights di Kennedy, all'I have a dream di Martin Luther King a Washington DC.

In questo periodo di campagna presidenziale (non manca poi molto!), Selma ha attirato i due candidati democratici più importanti: Barack Obama e Hillary Clinton. Barack è la stella nascente: padre africano, madre americana, cresce a Chicago, da soli due anni al Senato, si fa notare con un discorso strepitoso alla Convention democratica del 2004 e diventa poi famoso con due autobiografie best-seller. Gran retorica, richiamo costante ai principi "alti" del sogno americano, rifiuto delle beghe e degli attacchi politici, lo "skinny boy with the funny name" dovrà dimostrare in questo anno e mezzo prima delle elezioni di saper farsi valere anche sul terreno (spesso fangoso) della politica quotidiana e nelle questioni meno nobili del giorno dopo giorno. Pur afro-americano, il primo, in effetti, ad avere serie possibilità di accedere all'officium presidenziale, non gode, paradossalmente, dell'appoggio indiscusso della comunità nera: non esce dal classico percorso dei civil rights, è, per dirla con Colbert, african african-american.

Di Hillary si sa tutto e niente. Amici influenti, tasche gonfie, l'intelligenza e il carisma di Bill (asset o liability?), i voti guidati più dai sondaggi che dal cuore, la fallita riforma del Medicare alle spalle, un'autobiografia noiosetta data alle stampe anni fa, la capicità di alienare la gente per la sua apparente rigidità e freddezza.

Hillary è data in vantaggio nei sondaggi, ma il gap si sta chiudendo. Barack e HIllary hanno tenuto i loro discorsi a pochi blocchi di distanza, si sono scambiati un abbraccio (una pacca sulla spalla per Bill) e chiuso così (forse) alcuni scambi meno teneri di alcuni giorni fa.

È venuto il tempo di vedere il primo presidente nero o il primo presidente donna?

2 commenti:

  1. Anonimo03:22

    Nessuno dei due, temo. I tempi non sono ancora maturi. Ma di certo potremo aspettarci un presidente USA nero o donna ben prima di un ...papa donna!

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  2. Anonimo09:39

    Secondo me Hillary, dato che Obama non ha alcuna chance di uscire indenne dalle primarie e farà la stessa fine di Howard Dean, parte in netto vantaggio (soprattutto lato finanziamenti). Ma Edwards si candida o no? Lui è l'unico ad avere delle chances serie, mi sa: ha voti negli Stati del Sud, ha i soldi e secondo me è anche più "endorsable" di Hillary. Comunque saranno Primarie di fuoco, perché chi vince le Primarie democratiche stavolta parte favorito anche per le Presidenziali. Anche se dall'altra parte non dimentichiamoci che ci dovrebbe essere Giuliani...

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