14 settembre 2007

back from down under - part 3

Ovvero, la (temibile) foresta tropicale.

Per ingannare l'ultimo giorno (non si può volare il giorno successivo ad un'immersione), abbiamo fatto un giro nella rain forest che circonda Cairns.
La guida era un omone decisamente esperto dei luoghi, fauna e flora, e con indiscutibile parlantina. Oltre a lui, stipati su una efficiente ma poco comoda jeep, c'eravamo noi 3, una coppia di inglesi di Southampton in luna di miele e un texano.

Abbiamo fatto un gran giro: lasciato Cairns verso le 9 e siamo rientrati all'albergo alle 6. Abbiamo fatto sosta in vari punti della foresta: è sostanzialmente una foresta tropicale—qui tra gennaio e maggio piove una gran quantità d'acqua—e la natura qui è rigogliosa come in poche altre parti al mondo. Una cosa sorprendente è che il limite tra la foresta e i bushes (zona con vegetazione secca, piuttosto arida) è molto netto e repentino: letteralmente, si supera un tornante e si passa dall'una all'altra regione.

Avevamo letto che l'Australia è un paese pericoloso: la foresta è senz'altro uno dei posti che maggiormente contribuiscono a questa fama. In cima alla lista dei pericoli accuratamente e trucemente descritti dalla guida è lo stinging tree: una pianta apparentemente innocua, le cui foglie però sono dotate di delle specie di aghi di vetro contenenti un potente veleno. Se le tocchi, anche attraverso i vestiti, o anche per via indiretta, per esempio, toccando un bastone che ne è venuto a contatto, le scaglie si infilano nella pelle e liberano il veleno. Il che produce un dolore intollerabile che dura per 3 mesi. Non a caso, il nome aborigeno della pianta è gympie gympie, che vuol dire "male male". Ovviamente, non esiste antidoto, ma solo una serie di rimedi temporanei (urinare sulla ferita sembra la soluzione degli aborigeni, gli occidentali ricorrono ai pain killer). Altrettanto ovviamente, basta un nonnulla per far riemergere il dolore originario: stare in una stanza con l'aria condizionata troppo fredda (il freddo contrae la pelle, le scaglie sono compresse e il veleno residuo è liberato), bagnare il posto della puntura (l'acqua fa fuoriuscire altro veleno). Altro rimedio degli aborigeni, noncuranti della triste, anzi dolorosa ironia del procedimento, è usare il succo estratto dalle radici della pianta
come narcotico. Ovviamente, se ingerito in quantità eccessive il succo
frigge il cervello.

Altra piantina di tutto rispetto è una specie di felce dotata di sottili "liane uncinate". L'idea è che la pianta ha bisogno di luce per crescere e per salire verso l'alto attacca le liane alle piante circostanti e le usa come appoggio per svilupparsi in altezza. Le liane, per quanto sottili, non più di qualche millimetro, sono estremamente resistenti, oltre che estremamente solide nell'aggancio. Morale: nella foresta si gira con i finestrini chiusi, perché se una liana si aggancia al braccio di una persona mentre la jeep procede spedita è in grado di tagliare di netto l'arto. Effetto simile, ma ancora più pulp, se, anziché al braccio, si attacca alle palpebre.

Una terza piantina, di cui non ricordo il nome, è del tutto innocua esternamente, ma il suo succo può paralizzare le vie respiratorie. Ovviamente, non è necessario berne copiosamente per ottenere questo effetto: basta invece, per esempio, portare a contatto delle labbra un dito su cui si è poggiata
una goccia del pericoloso succo.

Il meglio (ma niente foto: per fortuna non lo abbiamo visto) è il cassowary, una specie di uccello preistorico sopravvissuto all'estinzione le cui dita sono razor-sharp e che, se incontrato, in un caso su due si allontana, nell'altro caso (quello sfigato) attacca a testa bassa. In questo caso, usa le zampe come spade e colpisce all'altezza della pancia, strappando le viscere al malcapitato di passaggio. L'unico consiglio datoci dalla guida è stato di abbracciare un albero, usandolo sostanzialmente come scudo. Inutile invece correre visto che la bestia raggiunge facilmente i 60 km/h.

Davide ed io abbiamo anche fatto il bagno in un lago di origine vulcanica. L'acqua era freddina, ma, ci è stato garantito, non ospitava coccodrilli. Fatto sta che, per il fresco o il pensiero dei rettiloni, il bagno è stato decisamente breve!

Non tutto il viaggio è stato pericoloso. Una pianta piuttosto comune, e per una volta, innocua per gli uomini, è una specie di fico che cresce sopra un altro albero e poco a poco lo soffoca. Le radici del fico crescono dall'alto verso il basso, alla ricerca della terra, e abbracciano, nascondendolo e soffocandolo, l'albero ospite. Il risultato è un incredibile, e a volte enorme, intreccio e groviglio di vegetazione.
Abbiamo anche visto dei canguri selvatici: quando si accorgono della presenza della jeep rimangono immobili (e sono piuttosto difficili da individuare nella vegetazione) e poi tipicamente fuggono via con dei veloci salti.

Per finire in bellezza, usciti dalla foresta e rientrati nella civiltà il buon guidatore ha pensato bene di allietarci con una serie di storie dell'orrore australiane, tutte rigorosamente vere, tipo l'escursionista inglese che si perde nella foresta e sopravvive per 4 giorni; i 3 tipi rapiti da un pazzo nell'outback (la zona desertica interna) di cui solo uno sopravvive; gli attachi con lance degli aborigeni; e variazioni sul tema.

Aiutoooo!

Esagerazioni a parte, il tour, organizzato da Wilderness Eco Safaris è stato davvero interessante: consigliato a chiunque passi per Cairns!

3 commenti:

  1. Anonimo09:54

    pensa se la piantina rampicante si attacca a qualcos'altro....e comunque si dice antidolorifici....ma l'italiano lo sai ancora o no???

    RispondiElimina
  2. Ciao :)

    Mi sono persa un po' di cose ... da Santa Barbara all'australia? non ho capito se è andato solo Marco .. oppure entrambi.
    Francesca ... le foto del tuo orto? :)

    ciao ciao
    Maè

    RispondiElimina
  3. mae: sì, in australia per una conferenza. Io da solo.

    RispondiElimina