Immagine cortesia di http://www.vt.edu/tragedy/.
La settimana passata è stata dominata dalla tragedia di Virgina Tech. I fatti sono noti e purtroppo simili ad ormai tante (troppe) vicende simili: lo studente che impazzisce, si arma, e uccide compagni e professori. Si potrebbe parlare di tanti aspetti di questa vicenda: l'efferratezza (32 vittime), la fredda pianificazione, la delirante documentazione (il manifesto, come è stata definito qui) spedita ai media, la copertura dei fatti da parte dei media stessi (ore e ore al giorno di diretta, intervista alla nonna in Corea dell'assassino).
Ciò che colpisce noi sono in particolare due aspetti. In primo luogo, l'incidenza dei disturbi mentali, chiaramente fattore scatenante di questo e altri casi eccezionali, ma visibile anche, per fortuna in scala decisamente meno spettacolare, negli incontri on campus e in città. In secondo luogo, la mancanza (fino ad ora almeno) di un serio dibattito sul diritto al possesso di armi: garantito costituzionalmente e apparentemente ben controllato e limitato da norme a livello statale, ma che permette senza alcun problema di acquistare due pistole ad un ragazzino dichiarato mentally ill da un tribunale, più volte al centro di indagini di polizia e fonte di preoccupazioni per il corpo accademico dell'università.
Chiudiamo con le parole di una delle professoresse di Virginia Tech:
We will continue to invent the future through our blood and tears and through all our sadness ... We will prevail ...
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