19 ottobre 2010

ole ole ole

Dopo 5 anni in cui ho dovuto sopportare le correzioni puntuali (oh, you mean soccer), i commenti svogliati (it looked easier on my PlayStation), i varsity team dei licei, le ragazze pon pon che occupano il campo nell'intervallo (ok, queste non erano necessariamente un male), i commentatori che valutano i giocatori sulla base delle percentuali di successo dei passaggi, dopo tutto questo, finalmente, siamo di nuovo in un Paese che di calcio ne capisce.



Anzi. Un Paese che ha una cultura calcistica.



Per convincersene, basta fare un salto da Waterstones (il Borders o la Feltrinelli di qui): nella sezione sport ci saranno almeno due scaffali dedicati al football, in cui i vari Rooney e Beckham scompaiono tra i Best, Charlton e Lineker. O basta dare un'occhiata al blog di sport del Guardian, dove giorno dopo giorno riportano alla luce, con tanto di link a video su YouTube, i grandi momenti del calcio. O sedersi in treno e ascoltare i due vecchietti seduti davanti a te discutere animatamente se fosse il 1905 o il 1906 quando la prima squadra di Londra sia venuta a giocare nelle Midlands.



Per partecipare più attivamente a questo, ma sì, rinascimento calcistico, abbiamo preso i biglietti per Aston Villa - Chelsea, al Villa Park. Pareggio senza goal, ma tante azioni, soprattutto nel secondo tempo. E, spiacenti Carletto, il Villa strameritava.

1 commento:

  1. bello, pero' confesso che il calcio inglese mi irrita: troppo pompato nei media, specie se confrontato con il fatto che le squadre inglesi sono spesso inconcludenti nei momenti che contano.

    P.S. io ero venuto qui per commentare su un altro post, che pur apparendo nel mio RSS feed e' sparito...

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