30 agosto 2006

Moving...

Cosa fa una tipica famiglia americana nel corso della vita (a parte mangiare al fast food, fare i barbeque in giardino e guardare il super ball alla tv?)...si trasferisce!!!
E cosi` anche noi, che non volevamo essere da meno, a fine settembre abbandoniamo il nostro appartamentino nel complesso con piscina per trasferirci in una delle case dell'università. Un po' ci dispiace lasciare questo "piccolo angolo di paradiso", ma le condizioni economiche dell'altra casa sono nettamente vantaggiose. L'appartamento è un po' più piccolo e meno luninoso però, magicamente, ha una stanza in più e quindi ci sarà un posto migliore dove ospitarvi tutti.

Io, che di natura sarei una persona statica e restia ai cambiamenti, ho fatto un po' di fatica ad abituarmi all'idea ma la promessa di un viaggio all'ikea di Los Angeles dove posso comprare "tutto quello che voglio per la nuova casa", mi aiuta ad affrontarla meglio.

Comunque per un mese siamo ancora qui quindi vi tedierò con le vicende del trasloco più avanti!!!

27 agosto 2006

Let's BOWL!!!


L'insegna era lì, alta, ogni sera si accendeva dei suoi colori viola e giallo fosforescente e mi fissava, così vicino a casa, da poterci andare a piedi...
...ieri sera ho finalmente deciso che i tempi erano maturi per provare una sala da Bowling americana, nello specifico Zodo's bowling and beyond.
Alle dieci io, Marco e Davide (un compagno di lab di marco che per qualche giorno dorme qui da noi...trovare una stanza a Santa Barbara non è cosa da poco) dopo una consueta e necessaria rinfrescata delle scene clou del Il Grande Lebowsky, abbiamo fatto il nostro ingresso.
Nella sala da bowling, oltre ad una infilata di circa 30 piste, c'è un bar, un fast food e una sala giochi.
Per capire come è il posto bisogna immaginare il bowling di Lavis o quello di Via S. Felice a Bologna, enorme, con musica a tutto volume e luci stroboscopiche (questo in realtà credo sia una cosa tipica del sabato sera, presumo che il pomeriggio e durante la settimana la sala sia piuù seria).
Le scarpette che ci hanno dato non erano stilose come quelle a cui siamo abituati ma rosa e gialle con gli strap e con la magnifica caratteristica di risplendere al buio. Eravamo bellissimi e fosforescenti.
Si può scegliere se giocare a partita o ad ora, noi abbbiamo optato per la seconda. In un'ora abbiamo fatto due partite, che mi hanno vista (modestamente) vincitrice, e gli ultimi minuti ci siamo dedicati invece a provare tiri con effetti strani (voluti e non).
La chicca: Davide che fa il secondo tiro del suo turno e come lascia andare la palla scende la barriera-proteggi-mecanismo-che-mette-a-posto-i-birilli sui cui la palla rimbalza fermandosi a metà corridoio laterale.
Seconda chicca: volendo si può giocare con delle barriere laterali che impediscono alla palla di finire fuori pista...ma allora dov'è il divertimento?

24 agosto 2006

Fortuna e` quasi finita

Questa settimana non siamo proprio baciati dalla fortuna, e così, oltre al furto della bici abbiamo anche dovuto cambiare la batteria del portatile di Marco perché Apple ritira più di un milione di batterie che hanno causato due incendi ai portatili. A dire il vero noi avevamo notato che il piccolo Mac si scaldava un sacco (tanto che era fastidioso tenerlo sulle ginocchia dopo un po' che andava) ma mai avremmo pensato che fosse difettoso. Va beh dai, tra un comincia il week end!!!!

23 agosto 2006

Coincidenze, dicevo!!!

Ieri parlavo "di questi legami-coincidenze-vicinanze che mi stupiscono (forse ingenuamente) e mi fanno sentire un po' meno lontana". Non volevo porprio essere presa alla lettera, cioe` non occorreva che qualcuno rubasse la bici praticamente nuova di Marco, per farmi sentire un po' in via Zamboni a Bologna.
Sigh!!! E così per la seconda volta Marco scende con caschetto in mano pronto per partire e non trova la bici...questa volta brucia doppio...non sono ancora usciti dal conto i soldi con cui l'abbiamo pagata!
Unica consolazione: i faretti e il contachilometri non erano ancora montati!!!

D'ora in poi solo scassone poco appetitose!

22 agosto 2006

...ancora wine tasting...


Con l'occasione della visita di Sara da LA (con noi nella foto!), domenica siamo andati a visitare un'altra winery. La scelta poteva essere un po' rischiosa. La cantina Mosby infatti si contraddistingue dalle altre per la produzione di vini Cal-Italiani. In realtà ci è andata bene. Sono forse stati i migliori vini di qui che abbiamo assaggiato. Poco fruttati, gusto più persistente, più genuini! Tra un mese torneremo per assaggiare il loro Teroldego, Lagrein e Traminer. (I trentini capiranno la curiosità)!!!
Le etichette delle bottiglie sono disegnate da un artista di Appiano sopra Bolzano che però adesso vive ad Ala. Questi legami-coincidenze-vicinanze mi stupiscono (forse ingenuamente) e mi fanno sentire un po' meno lontana. Beh, bando alle malinconie, il resto del week-end è passato allegramente.
Abbiamo fatto un po' di piscina, abbiamo messo le nostre papille gustative alla prova in un picccantissimo ristorante Thai e, di ritorno dalle cantine, ci siamo fermati nuovamente alla Cold Spring Tavern. Si tratta si un insieme di casette di legno dove anticamente sorgeva una stazione di cambio per le carrozze. Questo posto è famoso perchè la domenica un uomo grassissimo delle Isole di Samoa (chiamato dai locali "the Samoa men") cuoce su un enorme barbecue dei pezzi di carne di un animale misterioso (Sara suggeriva fosse Dinosauro) e li sbatte in un panino pieno di salse. Buonissimo!

21 agosto 2006

ben e damian


Abbiamo riaperto la stagione dei concerti! L'occasione, imperdibile, è stata Ben Harper al Santa Barbara Bowl, a downtown, 4000 posti in una sorta di arena naturale, pezzo storico della città (risale agli anni '30), vista oceano.

Ci presentiamo puntuali per l'inizio nonostante l'orario tedesco, ore 18:30 ("Ci è piaciuto ma adesso basta" sembra lamentino gli abitanti delle case vicine all'avvicinarsi della mezzanotte. Pare anche si chiamino Furlani's: tutto il mondo è paese...). L'intro è affidata a Damian "Dr. Gong" Marley, figlio, manco a dirlo, di Bob, a noi confessiamo del tutto sconosciuto, ma qui idolo delle folle. Super rasta, gambe a stecco modello Lupin, accento terribilmente giamaicano, presenza sciamanica sul palco. In questo, dobbiamo dire, era agevolato dalla presenza di due coriste che più che per le qualità canore si distinguevano per la snodatezza delle giunture (modello "I Like To Move It", per capirsi) ma, soprattutto, dal nostro preferito, un tizio che saltellava sul palco sventolando un bandierone giamaicano. Vorrei avere il suo lavoro.

L'inizio di Ben Harper è, ebbene sì, un filo deludente. Sarà la mezz'ora di pausa secca seguita a Damian, sarà che tutti erano più impegnati a bere o fare conversazione che seguire il concerto, sarà che lui non ha rivolto parola al pubblico per i primi 20 minuti, sarà la luce del giorno che toglieva atmosfera, fatto sta che neanche l'attacco di Oppression conquista. La prima parte del concerto scivola via veloce, Ben e gli altri fanno una lunga pausa, ma vengono ritirati sul palco a forza di applausi. E qui, per fortuna, cambia tutto. Pubblico più attento, lui più in forma, fa un duetto con Damian sulle note di Get up, stand up che per poco non fa venire giù lo storico bowl e poi infila uno dietro l'altro una serie di pezzi splendidi da Burn one down a The power of the gospel, per finire nel delirio generale con Better way.

Alcune considerazioni:

  • Ben Harper è incredibile: da solo, voce e chitarra acustica tiene su tutto il concerto. Assolutamente da vedere.
  • Per un qualche fenomeno a noi incomprensibile, il regno delle regole e del rispetto delle stesse si è per qualche ora trasformato nel paradiso della trasgressione: birre under age, joint ovunque (a proposito di burn one down).
  • Il people watching è uno spettacolo nello spettacolo! I migliori, a parte la tizia che ballava come un lombrico colto dal Parkinson (ma meriterebbe un discorso a parte), è l'inquietante famiglia freak affianco a noi che, dopo aver provato a minare l'udito del figlioletto di 5 mesi infilandogli nelle orecchie degli enormi tappi rossi ("fa male la musica ad alto volume"), lo allontanava prontamente quando i vicini si accendevano una sigaretta, ma non esitava per un istante al pensiero di farsi delle canne di dimensioni woodstockiane. Ehi, è naturale, mica come il tabacco!


'Cause I believe in a better way!

18 agosto 2006

Accidenti, Barzini!

Spiego il titolo un po' enigmatico. La Barzini in questione è l'autrice di un libretto cultural-culinario intitolato Una casalinga a Hollywood in cui racconta dei suoi anni losangelini e delle sue ricette americane. Sotto la spinta di certi amici esteti eno-gastronomici l'avevo acquistato prima di ritornare in qua. Per i curiosi, i giudizi di chi l'ha letto variano dal simpatico-ma-ehi-potevamo-scriverlo-anche-noi al carino-ma-che-razza-di-ego-ha.
Ma non divaghiamo. Al libro in questione addossiamo la responsabilità di due fregature nel giro di pochi giorni. Ed ecco spiegato l'accidenti del titolo.

Ecco la prima, e qui mi assumo la mia parte di colpa. Preso da un raptus cuochesco—"è ora che migliori le mie abilità in cucina: oggi faccio io"—impongo la preparazione di un piatto tipicamente americano, la baked potato, ovviamente descritto nel suddetto libro. Nulla di strepitoso: patata cotta in forno e poi condita con burro, panna acida e erba cipollina a volontà. Spesa mirata da Vons e qui facciamo l'errore: ci lasciamo tentare dalla jumbo patato (no, davvero, si chiamava così), che, secondo il cartellino descrittivo, è appositamente pensata per fare baked potato. Putroppo, più che pensata si è rivelata manipolata geneticamente a quello scopo: peso specifico incredibile e dimensioni pantagrueliche. Ma soprattutto una sospetta resistenza al calore, come avremmo scoperto poi. L'assenza del forno a microonde e la presenza di un forno elettrico hanno fatto il resto. Abbiamo tenuto le patate in forno per una buona ora e mezza, raggiungendo, ormai disperatamente affamati, la temperatura di 400 gradi Fahrenheit (non ho ancora osato controllare quanto fa in Celsius). E quella resistiva ammorbidita solo in superficie, ma dura come nulla fosse nelle altre parti. Insomma, non una gran cena. Non so se sia correlato, ma da allora la Fra non mi ha più chiesto di cucinare...

La seconda fregatura è un po' più sordida. La solita Barzini descrive con un certo dettaglio il disposal, che sarebbe il tritarifiuti incorporato nel lavello della cucina. Oggetto invero piuttosto comodo, sul cui uso però ognuno ha la propria teoria: meglio usarlo il meno possibile, no meglio farlo andare ogni tanto, solo con alcuni cibi e non con altri. La Barzini mi ha convertito dal primo partito al secondo: da un po' avevo preso a cibarlo con una certa prodigalità di caffè e resti della frutta. E infine, sempre loro, bucce di patate. Adesso, non so dire se sia un complotto, ma le patate hanno prontamente e ermeticamente intasato il lavandino, riempitosi così di un orribile residuo terroso. Ero già pronto ad aprire la casa a pagamento ("Venghino, venghino a vedere l'unica palude in un lavandino"), quando un altro oggetto tipicamente americano, lo sturalavandino a pressione, ci ha salvato.

Evviva le casalinghe!

14 agosto 2006

Chanel

Vi potrei qui raccontare la storia di un tristissimo fondotinta di Chanel che occhieggiava da uno scaffale con sguardo implorante sperando che qualcuno lo portasse finalmente nel calore di una vera casa...invece non mi sottrarro` alle mie colpe e vi raccontero` brevemente di come una commessa materna e ciarliera mi ha convinto che avevo proprio bisogno di un fondotinta di Chanel.

Premessa: ho davvero lasciato il mio fondotinta a Trento.

Sabato io e Marco, dopo il giro culturale della mattina, siamo andati a far vedere la macchina che faceva strani rumorini e "tirava" un po' a sinistra. Avendo da occupare le tre ore necessarie per la riparazione ci siamo buttati nel grande magazzino vicino (unico posto raggiungibile a piedi).
Avete presente quegli sgabelli messi qua e la` nel reparto cosmetici dei grandi magazzini, quelli dove ti truccano? Ecco io avrei sempre voluto provare a farmi truccare ma non ho mai avuto il coraggio di chiedere.
Mi aggiravo guardinga tra i vari espositori provando qualche tester di fondotinta quando una commessa, di mezza eta`, dall'aria materna e comprensiva mi ha avvicinata chiedendomi se avevo bisogno di qualcosa. Le ho detto che cercavo un fondotinta e che ero indecisa sul colore. Nemmeno il tempo di pronuciare queste parole che, come in un sogno, mi sono trovata issata sullo sgabello nell'angolo "Chanel" con davanti ogni cosmetico avessi mai sognato pronto ad essere provato su di me e la commessa che abilmente mi descriveva le proprieta` di ognuno mostrandomi il mio viso che si traformava nello specchio. Devo ammettere che il fondotinta n.30 mi donava parecchio. Cosi`,tra una chiacchiera e l'altra e tra un colpo di ombretto e un complimento alla mia carnagione cosi` "mediterranean" mi sono trovata truccata di tutto punto, con nella borsa un fondotinta e un lucidalabbra (ovviamente Chanel linea superiore), e con qualche dollaro in meno sul conto.

Poteva andarmi anche peggio! Se avessi comprato tutto quello che mi ha messo sul viso sarei uscita probabilmente in mutande e con le labbra rosa shocking (tonalita` di rossetto che sfoggiava lei e che io fissavo mentre mi truccava per mantenere viva la mia capacita` di giudizio e di scelta).

12 agosto 2006

A spasso nel tempo!



Incuriositi da un libretto dal titolo "Looking Back", io e Marco abbiamo deciso di passare alcune ore di sabato girovagando, ovviamente in macchina, tra le Goleta historical Structures e i Goleta historical Sites.
Il sito piu` antico di Goleta risale al 1790 e si tratta del terreno dove sorgevano due villaggi degli indiani Chumash (ovviamente tutto e` stato ditrutto e raso al suolo).
La maggior parte delle cose da vedere, anzi piu` che da vedere da immaginare, sono datate tra il 1880 e il 1926, i siti risalenti a dopo il 1926 ci siamo rifiutati di visitarli visto che hanno piu` meno l'eta` dei miei nonni e non ci pareva carini considerarli (i nonni) historical.
La cosa divertente della guida e` che ti manda in giro a vedere posti nella maggior parte dei quali non e` rimasto davvero nulla di quello che c'era. Della serie "ah, qui sorgeva il ranch piu` grande della Southern Calfornia!" oppure "Qui nel 1880 c'era una cappella in pietra!", guardando terreni brulli e deserti.

Qualcosa siamo riusciti a vedere e qualcosa anche a fotografare.
1) Abbiamo visto la base della torre dell'acqua di un campo di prigonieri di guerra della Seconda Guerra Mondiale dove in tre anni sono stati passati circa 300 soldati tra cui anche degli italiani.
2) Abbiamo fotografato la "Barnsdall-El Rio Gas Station", una vecchia stazione di servizio del 1929 che vendeva il petrolio raccolto dagli stabilimenti li` vicino. La stazione versa ora in un triste stato di abbandono dopo aver avuto una breve rinascita quando nel 1980 e` stata il set del film "Il postino suona sempre due volte".
3) Fotografato anche il Glen Annie Ranch Entrance Arch. Un arco di legno (non particolarmente artistico) che segnava l'ingresso di uno dei primi e piu` grandi ranch dellla zona.

Sarebbe stato interessante vedere qualche antica casa di adobe (mattoni di argilla cotti al sole) ma le poche rimaste sono tutte private. Una in particolare e` stata salvata dalla rovina dal signor Michele Cavalletto (i cui figli sono ancora proprietari) di chiare origini italiane...e cosi` abbiamo scoperto che qua e la` ci sono un po' di famiglie italiane tra quelle fondadrici di questa localita`!

10 agosto 2006

bomba o non bomba

No, nessun riferimento ai bagagli a mano sospetti di Londra, ma una storiella ambientata nel "pericolosissimo" dipartimento di ingegneria e computer science qui di UCSB.

È mattina, giornata splendida, la Fra e il Gio mi accompagnano al dipartimento perché voglio depositare in laboratorio un paio di cose. Salgo le scale, deposito, due chiacchiere con Collin e poi giù di nuovo. E qui iniziano le sorprese. Un enorme poliziotto sta sigillando la porta di uscita col nastro giallo "crime scene". Uh, oh. Vedo dall'altra parte della porta, tenuti a distanza da un altro tratto di nastro i miei due. Be', almeno a loro non è successo nulla. Infilo una delle uscite laterali, aggiro l'edificio e arrivo davanti alla crime scene. Nessun morto per terra, né gesso a segnalare la presenza di un cadavere, o cartellini per gli indizi. La scena fa comunque molto CSI: manca solo Orazio, in compenso la ragazzina che lavora al chiosco del caffè viene fatta rapidamente allontanare con tutto il suo armamentario e nessuno entra o esce. Suspicious object in the corridor è la diagnosi dei poliziotti. La cura: edificio chiuso per due ore, uffici vicini ugualmente evacuati, un sacco di tempo perso (da noi prontamente recuperato in piscina ;-)).

Giorno dopo. Il mistero si dipana rapidamente. Collin mi spiega che il misterioso oggetto era (udite udite) una batteria attaccata alla presa della corrente. Ma no. In qualche mente allenata da anni di threat level, breaking news e terror target list sballate: batteria + cavi + corrente = bomba. Peccato che in un dipartimento di ingegneria: batteria + cavi + corrente = batteria in ricarica. No comment.

The only thing we have to fear is fear itself diceva nel 1932 Roosevelt ai suoi fellows Americans nel discorso inaugurale della sua prima presidenza. Ogni tanto non guasta ripeterselo.

07 agosto 2006

Cernilli alla mano alla conquista della Central Coast!


Iniziamo con lo spiegare il criptico titolo. O meglio, iniziamo dicendo che questo post lo scrivo io, e che io sono Giovanni, il fratello della Francesca. Anzi, in verità, se non avessi già scritto iniziare tre volte in dieci parole, mi piacerebbe davvero iniziare replicando alle malignità comparse in questo blog riguardo la mia trasvolata oceanica e le presunte ali democristiane che mi avrebbero sin qui sospinto. Ma lasciamo queste questioni agli avvocati e ritorniamo, noi, al titolo.
Daniele Cernilli è considerato il massimo esperto di enologia italiano, co-fondatore della rivista Gambero Rosso e curatore della monumentale guida Vini d'Italia. Per me praticamente a metà tra una idolo e uno spirito guida. Il Nostro ha di recente inserito, in un agile libretto, un capitolo dedicato all'universo vinicolo Californiano. Queste pagine sono state oggi la nostra guida nella scampagnata tra le bassisime vigne della Central Coast, zona collinare nell'entroterra di Santa Barbara, di recente in grande espansione (qualitativa e quantitativa) tanto da far vacillare il primato della ben piu' nota Napa Valley.

Due le cantine esaminate per un totale di undici vini degustati. Alcune considerazioni generali e sparse:


  • Se un vino non è fruttato, loro (gli yankee per intenderci) non sono contenti. Quindi spruzettano qua e là, anche nei rossi più austeri, piccoli quantitativi di uve bianche tipicamente fruttate come il sauvignon e lo chardonnay. Mah...;
  • I bianchi assaggiati erano generalmente migliori dei rossi. I primi sembravano più sinceri, i secondi ci apparivano un po' più falsi. Cosa intendiamo esattamente con falsi e sinceri non lo sappiamo nemmeno noi, ma attribuiamo questa ermeticità alla mancanza dl lessico specialistico;
  • La Fra, dopo il secondo giro di degustazioni, ha abbandonato la guida della nostra autovettura, a tutti noi è parsa una saggia decisione;
  • Anche l'infallibile Cernilli ha preso un piccolo granchio scrivendo del Bien Nacido come se fosse un unico vino, mentre è invece una area coltivata a vigne dalla quale provengono molteplici vini;
  • Il proprietario della Au Bon Climat (cantina dal nome tipicamente americano), presentatoci dal commesso come uno dei più grandi enologi del mondo, sembra Franco Califano con più capelli e un po' di barba:
  • Forse anche per colpa del look del proprietario, il Pinot Nero della Au Bon Climat era, secondo me e Marco (e siamo quindi passibili di smentita immediata) eccessivamente astringente in bocca (da notare che l'uso del concetto di astringenza ci proietta d'un sol passo nell'universo dei degustatori professionisti);
  • Il Pinot Nero della Sanford Winery era invece molto buono, ed anche molto costoso. Non aggiungo altro perché ne ho preso una bottiglia e mio papà legge questo blog...Ciao papà!

Ah, dimenticavo. In una cantina abbiamo incontrato due giovani degustatori francesi. Riconosciutoci come italiani, al momento di uscire hanno abbassato la testa, non si sa se per la recente sconfitta o se per darci una testata...!

05 agosto 2006

Viva la Fiesta!!!

"Old Spanish days are here again"

Dal 1924 ogni anno a Santa Barbara si festeggia la Fiesta. Quattro giorni all'inizio di agosto dedicati agli usi e costumi Spagnoli e Messicani corredati di rievocazioni storiche e parate a cavallo.
Inutile dire che gli americani si tuffano in queste giornate con lo stesso entusiasmo di un bambino a Gardaland. Da ogni angolo di State Street (la via principale di SB, dove tutto ha inizio e fine), spuntano coppie di mezza eta` con improbabili sombreri, fiori nei capelli e i piu` audaci in tenuta messicana. Con un inconfondibile accento Yankee urlano "VIVA LA FIESTA!!!" lanciando in aria gusci di uova preventivamente svuotati e rimepiti di coriandoli. E` quasi commovente osservare con quanto entusiasmo applaudono alla parata dei cavalli e dei carri storici, parata che io e il Gio abbiamo trovato un po' misera e decisamente tristarella.

I negozi sfruttano l'afflusso di turisti e si riempiono di bandiere spagnole, oggetti coloniali e cartelli con l'immancabile VIVA LA FIESTA!
Per l'occasione tante persone arrivano da tutta la contea e si assembrano in strada. Questo getta nel panico le locali forze di polizia che sono convinte che se dieci o piu` persone sostano insieme nello stesso posto probabilmente ci saranno disordini. Su ogni muro campeggiano cartelli con scritto il numero del pronto intervento e istruzioni per festeggiare a "safe fiesta". Precauzione secondo noi eccessive visto che tutto si svolge molto piu` tranquillamente di un normale sabato sera in piazza Maggiore a Bologna. Ma si sa, quando ci sono in giro tanti messicani (che per qualche giorno escono dall'anonimato, parlano la loro lingua e espongono i loro prodotti tipici),secondo l'americano medio, non c'e` mai da stare tranquilli!

COMUNQUE SIA, VIVA LA FIESTA A TUTTI!

03 agosto 2006

wedding


A grande richiesta posto una foto del matrimonio...
Oggi Marco parte per Defcon e io e il Gio per lo shopping!!!

02 agosto 2006

Tornati


Dopo un lungo volo eccoci rientrati a Santa Barbara...tempo di disfare le valigie e riprenderemo a raccontarvi questo pezzettino di America!
Per una decina di giorni ci fara` compagnia il Gio-mio fratello!!!!
Per chi non lo sapesse, nel frattempo ci siamo sposati!