23 giugno 2008

vepee

Qui, il vepee è il vicepresidente, e, come si diceva qualche tempo fa, uno dei prossimi passi della campagna elettorale è proprio la scelta del running mate, del vice.

La scelta è tutt'altro che semplice: il vice dovrebbe riaffermare i punti di forza del candidato presidente, complementarne i punti deboli, attirare le parti dell'elettorato meno rappresentate dal presidente, ma senza alienarne la base elettorale. Il joke è che Obama sarebbe alla ricerca di un ibrido tra una donna (per attirare l'elettorato femminile), un latino (per conquistare la minoranza messicana), e un verace americano del sud (per fare breccia tra gli stati meridionali).

Formata una prima lista di possibili candidati, la scelta avviene attraverso vere e proprie commissioni che esaminano ogni aspetto delle possibili scelte. L'obbiettivo è principalmente evitare gaffe e scelte imbarazzanti. I democratici ne sanno qualcosa. Nel 1972, McGovern sceglie come vice Eagleton, che rivelerà solo settimane dopo di essere stato più volte sottoposto a trattamenti di elettroshock per combattere attacchi depressivi. Eagleton diventa il bersaglio degli attacchi repubblicani, viene allontanato in fretta e furia, ma il danno è fatto. McGovern finirà per perdere (malamente) contro Nixon.
Un altro ticket sfortunato è Mondale-Ferraro del 1984. Ferraro è la prima donna ad essere nominata per una posizione così prestigiosa, ma l'effetto novità è presto spazzato via da una serie di scandali finanziari riguardanti il marito. Anche in questo caso, i democratici vengono sconfitti largamente, a vantaggio di Reagan.

Tra i repubblicani, la storia più curiosa è quella di Dick Cheney, che chiamato a dirigere la commissione incaricata di trovare il vice di Bush jr., decide che il candidato migliore è... lui stesso. E il resto, lo sappiamo.

21 giugno 2008

Because the Night...

Tre notti di questa settimana:

- cantare con la chitarra attorno ad un fuoco e ritrovare quell'odore di legna bruciata e il fumo che fa lacrimare gli occhi, compagni di tante serate estive passate;

- partire verso le dieci di sera per una Full Moon Hike, scoprire il paesaggio notturno illuminato alla luna piena e intravedere il suo riflesso nell'oceano mentre un vento caldo scuote le piante durante una delle notti piu` calde da quando sono qui;

- scoprire per caso che dal poggiolino della nostra camera questa sera si vede la luna, ormai calante, ma incredibilmente bassa sull'orizzonte e colorata d'oro...non era mai capitato prima.

In questi tre giorni di super-caldo si va a letto piu` tardi, mi sembra di rivivere alcune mie notti italiane, bolognesi e trentine, indolenti e lente...qui di solito si va a letto presto...la notte, mi mancava un po'.

15 giugno 2008

buon samaritano

Uno degli aspetti della società americana che non fallisce mai di stupire noi old europeans è la sua leggendaria litigiosità: all'urlo di "so, sue me" (fammi causa, allora), dà continuo lavoro (e tanti soldi) ai numerosi avvocati di qui, e piena legittimità alle decine di serie TV a sfondo tribunalesco.

Ecco un esempio interessante. Qui (con poche eccezioni), non c'è il duty to rescue, l'obbligo di aiutare altre persone che si trovino in una situazione di pericolo, per esempio, coinvolte in un incidente. Anzi, ogni avvocato che sa il proprio mestiere vi consiglierà di non intervenire. Il motivo? Evitare che la persona da voi aiutata vi faccia causa per i danni riportati nell'azione di salvataggio. Per capirci: ti salvo la vita ma ti spezzo un braccio? Tu mi citi per danni. Perfetto.

Per evitare queste situazioni, alcuni Stati hanno introdotto le cosiddette leggi del buon samaritano, che liberano da responsabilità chi presta soccorso a terzi in casi di emergenza. Purtroppo (o per il bene degli azzeccagarbugli), queste norme sono tutt'altro che inequivocabili. In California, per esempio, sembrano applicarsi solo a non meglio specificati casi d'emergenza e ad altrettanto scarsamente definite prestazioni di tipo medico. Attenzione: estrarre qualcuno da una macchina incidentata non rientra in queste condizioni...

Altro che buon samaritano, qui servirebbe un miracolo!

14 giugno 2008

fanatics

Se pensavate che solo noi italiani prendessimo male le sconfitte, dovete ricredervi.
Così inizia, infatti, un articolo di ieri nella sezione sport del Los Angeles Times. La causa scatenante: la sconfitta subita dalla squadra di casa, i Lakers, che, avanti di 24 punti all'intervallo nella critica gara 4 nelle finali NBA, hanno finito per concedere una storica rimonta agli avversari.


Incomprensibile. Disgustoso. Ridimensionante. Ridicolo. Nauseante. Inspiegabile. Un crollo completo. Raccapricciante. Rivoltante. Deprimente. Altro che "risultato a sorpresa". Storico e orribile. Allarmante. Shockante.

09 giugno 2008

il girone della morte

Le differenze tra guardare gli europei qui e in Italia:

  1. Dimenticatevi le "notte magiche": qui le partite iniziano tra le 9 e le 11 di mattina, voi vi siete svegliati da troppo poco per sentire l'atmosfera e fuori gli uccellini fischiettano al sole nascente. Passatemi il caffé!

  2. I commentatori hanno un pesantissimo accento british, ne deduco, chiaro segnale di competenza calcistica. A parte questo, li contraddistingue la completa mancaza di rispetto per le squadre in gioco. Per dire: erano tutti stupiti che Austria didn't embarass themselves. O, quando un olandese ha sparato la palla in tribuna è partito il seguente siparietto: "E questo passaggio per chi era? Mmmh, per il tizio nella fila 7. Hey, passala indietro" (e giù risate). Ridateci la Gialappa's.

  3. L'intervallo di metà tempo è affidato alla strana coppia: lui è un tizio irlandese, almeno 60 anni d'età, accento ancora più pesante, e incerti meriti sportivi; lei deve essere una nazionale americana. Lui s'è studiato il nome di tutti i giocatori (anche quelli romeni), lei si augura, in nome dello spettacolo, che i portieri facciano tante papere. No comment.

  4. Il nostro girone è di continuo soprannominato il "girone della morte", ma dopo aver visto la prima giornata è evidente che ci deve essere un errore: è il girone dei morti. Braccia rubate all'agricoltura. Tutti.

  5. Gli olandesi, anche dopo 45 minuti a fare le barricate in difese e spazzare in tribuna (vedi sopra), sono quelli "che non sanno difendere il risultato e cercano sempre il gol e noi li amiamo per questo". I nostri, anche dopo 85 minuti di desolante nulla e sotto di 3 gol, sono "i campioni del mondo da cui ti puoi aspettare di tutto".



Forza asuri! Alè.

08 giugno 2008

La parola della settimana: to call it quits

La parola (o frase) della settimana è to call it quits. L'etimologia è incerta, pare derivare dal latino medievale quietus est, formula usata come riconoscimento del pagamento di un debito. In inglese, ha due significati principali. Il primo indica appunto che un debito è stato ripagato. Il secondo, più interessante qui, indica invece la decisione di abbandonare un'attività o impresa.

Chi ha (finalmente!) deciso di call it quits è ovviamente Hillary Clinton, che, dopo gli ultimi esiti elettorali, s'è rassegnata alla situazione descritta dai numeri (la distribuzione dei delegati e dei superdelegati) e ha riconosciuto la vittoria di Obama.

Hillary se ne esce graciously, come dicono qui, elogiando l'avversario dei mesi passati e promettendo incondizionato supporto. Lo fa, ricompattando la base contro il nemico comune McCain, ed evitando, probabilmente all'ultimo momento valido, di spaccare il partito. Ci sarà tempo per analizzare i motivi della sconfitta (la presunzione di avere la vittoria in tasca, le divisioni interne allo staff, l'impatto imprevedibile di Bill), rimangono ad Hillary una campagna storica (mai una donna così vicina a guadagnarsi la nomination per l'officium più alto) e l'enorme numero di voti raccolti per strada.

E adesso inizia la corsa vera. Uno dei primi passi: la scelta del vice-presidente. Staremo a vedere...

05 giugno 2008

Zucchini


Li ho fatti lessi, fritti, grigliati. Ho cucinato la pasta alla zucchine, il riso alle zucchine, la vellutata di zucchine, la torta salata alle zucchine...aiuto...non so più come cucinarli e il nostro orto ne produce a catena di montaggio.