Caro Los Angeles Times,
Sono un tuo fedele abbonato da ormai un paio di annetti. Sì, ho fatto l'opzione
weekend, il giornale arriva sulla porta di casa—puntuale — verso le 6 del mattino, credo, non sono certo sveglio a quell'ora per controllare, ma più tardi lo trovo lì, ogni giorno dal giovedì alla domenica. No, non chiedermelo ogni volta, non voglio fare l'abbonamento regolare.
Ma sto divagando.
Dicevo, il giornale non è male, ogni tanto avete delle inchieste coi fiocchi.
Good stuff. La pagina dei libri e dell'arte andrebbe forse un po' rimpolpata, ma tant'è, c'è la crisi e tagliano tutti, capisco lo facciate anche voi. Non tagliate il tizio che scrive di economia: è fortissimo. Mi piace anche quello che scrive di automobili, ma forse dovreste ricordargli che andare a 180 all'ora in autostrada in Italia per testare la nuova Ferrari è illegale e scriverlo in un giornale non è la cosa più furba del mondo. Non mi piace il formato assurdo delle pagine (lunghe e strette), ma sembra che voi americani facciate così e va bene.
Ma divago di nuovo.
Quello che volevo dire è: non è possibile che in ogni singola edizione vi mettiate a osannare
Dudamel. Sarà un talento della direzione, sarà simpatico e spigliato e divertente. Sarà magari anche belloccio. Però mi rimane il sospetto che lo facciate solo per convincervi che la vostra
philarmonic orchestra è più brava di quella di New York e delle capitali europee. Il che può pure essere. Però ripeterlo in continuazione fa un po' provinciale. Ed è anche di poca classe.