Tra qualche giorni in Italia ci saranno le elezioni.
Il giorno delle elezioni è sempre stato un po’ speciale per me, sin da piccola.
Mi ricordo che si usciva la domenica mattina tutti insieme, si camminava fino alla nostra scuola elementare che mi sembrava così diversa senza bambini e con i banchi impilati sui corridoi. Mi ricordo che noi dovevamo aspettare fuori.
Poi tutto scorreva come in una domenica normale, fino alla sera.
Mi rivedo in soggiorno, con il mio papà e magari qualche amico di famiglia.
Ricordo un leggero stato di tensione nell’aria, la TV accesa e nessuno che ci diceva di andare a letto.
Mi ricordo come fosse ieri i numeri che apparivano sulla TV, una lista lunghissima di simboli e percentuali, pochissima grafica.
Mi ricordo che cominciavano i discorsi, le analisi, le dietrologie. Ognuno aveva una teoria su come sarebbe andata, perché, chi doveva essere soddisfatto e chi no. Ognuno poteva essere, quella sera, un esperto in materia.
Mi ricordo che facevo mille domande e mio papà mi spiegava con una gran pazienza tante cose sulla legge elettorale e come si dividevano i seggi in parlamento e le alleanze e lo scorporo.
Mi ricordo che non vincevamo mai. E allora io provavo a sommare tutte le percentuali dei partiti che non erano la DC e non capivo perché non potevano mettersi tutti insieme per batterla questa DC. Ero alle elementari e c’era ancora il pentapartito.
Alle elezioni comunali o provinciali era ancora più divertente perché ogni tanto si andava a seguire parte dei risultati in via Suffragio o al palazzo della Regione, e anche lí stavo come ipnotizzata davanti al maxischermo circondata da adulti che commentavano e discutevano. Mi sentivo grande!
Poi c’è stata tangentopoli, io sono cresciuta e i simboli e i numeri hanno cominciato ad assumere un po’ più di significato, senza perdere però il loro fascino.
La sera (o il pomeriggio) dei risultati è sempre rimasta un po’ magica. Di quasi tutte le elezioni saprei dire dov’ero e con chi, anche se i migliori ricordi sono quelli nel soggiorno di casa con i miei e qualche amico di famiglia invitato per l’occasione.
Lunedì mattina mi metterò la sveglia alle sei e di soppiatto accenderò il computer per vedere il primo exit poll, quello che magari non fornisce nessuna indicazione precisa, ma rompe la tensione nell’aria perché, finalmente, ci sono dei numeri su cui appoggiare le proprie discussioni. Poi farò una telefonata a casa per sentire cosa ne pensa il mio papà.
Ho già assoldato un gruppetto di italiani che, volenti o nolenti, saranno invitati a cena quella sera: a festeggiare, se sarà andata bene, a consolarci, se sarà andata male...e comunque a discutere, parlare, commentare...perché quella sera ognuno ha il diritto di essere l’esperto in materia e nessuno deve andare a letto presto.