02 maggio 2006

Un giorno senza immigranti...


... o "the great american boycott", a seconda dell'animosità del propugnante, erano gli slogan delle proteste del primo maggio. Il motivo? Non certo il labor day - che da queste parti si festeggia all'inizio di settembre - ma le recenti proposte legislative in materia di immigrazione.

Il tema è intricatissimo, per numeri, storia, leggi, economia, affetti.

I numeri: 12 milioni di immigranti undocumented (senza documenti: illegali); oltre la metà impiegata, che fa circa il 5% della forza lavoro attiva; alcuni settori economici completamente dipendenti dagli illegali: il 25% del settore agricolo, quasi il 30 delle costruzioni, cifre simili per il settore della lavorazione del cibo; 14 milioni di famiglie con almeno un componente illegale.

Le comunità: qui in California l'immigrato per definizione è il Messicano, che ha portato le sue feste (il cinquo de mayo), la sua religione (cattolica), e la sua lingua (spagnola) che mischiata a quella degli autoctoni ha dato vita allo spanglish. E che per la forse la prima volta nella storia americana può uscire dai suoi quartieri e continuare a parlare, fare affari, vivere nella propria lingua: ogni servizio, dall'amministrazione dell'Università, alla banca, all'assicurazione della macchina, tutto esiste in versione espanol. Con tanti saluti all'idea del melting pot ma anche alla realtà delle enclavi etniche, le Little Italy, le Chinatown.

Le proposte di legge: tre sostanzialmente. Una ferma al Senato: prevede che gli undocumented ottengano stato legale lavorando sei anni, pagando una multa, sottoponendosi a background check e imparando l'Inglese. Cittadinanza guadagnata, la definiscono i sostenitori; amnistia, dicono i critici, distribuita su sei anni. Una proposta, di natura opposta, in stallo alla Camera: immigrazione illegale elevata allo stato di felony (cioè, crimine serio) e costruzione di un muro sul confine messicano (in aggiunta ai pezzi già esistenti) i due punti salienti. Questa è il motivo immediato delle proteste di questi giorni. L'ultima, più che proposta, raccomandazione, infine, è di matrice presidenziale: Bush, un occhio all'economia e uno all'elettorato di origine messicano, si attesta su una linea moderata: niente punizioni, un programma di visti per lavoratori, possibilità di mettersi in coda per ottenere la cittadinanza. Ma, al momento, non ha grande capitale politico da spendere.

Di qui, le sfilate e gli scioperi del mese passato, il boicottaggio dagli acquisti dell'1 maggio, le proclamazioni delle settimane degli immigrati. Il risultato per ora: centinaia di migliaia di persone in piazza, sfilate pacifiche, con gran sventolio di bandiere americane. Da queste parti non vedevano qualcosa del genere dai tempi del Vietnam.

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