Non è la prima volta che il flamboyant ministro della difesa Rumsfeld si trova a dover fronteggiare le critiche. Questa volta, però, gli accusatori non sono gli studenti pacifisti o i parlamentari democratici, ma una manciata di alti generali in pensione. La causa: la pessima gestione del dopo Saddam in Iraq. Le accuse, pesanti come pietre. Paul Eaton, generale, responsabile dell'addestramento degli iracheni nel 2003 e 2004, lo definisce "incompetent strategically, operationally, and tactically": senza appello. Non tenero nemmeno Newbold (generale dei marines), secondo cui la decisione di invadere l'Iraq "was done with a casualness and swagger that are the special province of those who have never had to execute these missions - or bury the results".
In ballo, è ovvio, ci sono tanti argomenti. Da quelli folcloristici: il caratteraccio di Rummy; la storia del ministro falco che da giovane si è scampato il Vietnam in maniera non proprio eroica. A quelli stretegico-militari: lui è il propugnatore della guerra "leggera", della trasformazione dell'esercito: pochi uomini in campo, tanta tecnologia, l'idea di entrare e uscire velocemente dalla battaglia.
Al di là di tutto, però, a molti osservatori sembra l'inizio dello scarica barile per una guerra sostanzialmente fallimentare: un Paese ingovernabile, nonostante alcuni passi avanti recenti; la mancanza di un piano concreto per il dopo; troppi morti americani; la sensazione di dover rimanere ancora a lungo; prezzo del petrolio fuori controllo sui mercati internazionali e alle pompe della benzina. E qualcuno chiede: "ma dov'erano i critici nei giorni in cui si decideva di intervenire?"
1 anno fa