21 agosto 2006

ben e damian


Abbiamo riaperto la stagione dei concerti! L'occasione, imperdibile, è stata Ben Harper al Santa Barbara Bowl, a downtown, 4000 posti in una sorta di arena naturale, pezzo storico della città (risale agli anni '30), vista oceano.

Ci presentiamo puntuali per l'inizio nonostante l'orario tedesco, ore 18:30 ("Ci è piaciuto ma adesso basta" sembra lamentino gli abitanti delle case vicine all'avvicinarsi della mezzanotte. Pare anche si chiamino Furlani's: tutto il mondo è paese...). L'intro è affidata a Damian "Dr. Gong" Marley, figlio, manco a dirlo, di Bob, a noi confessiamo del tutto sconosciuto, ma qui idolo delle folle. Super rasta, gambe a stecco modello Lupin, accento terribilmente giamaicano, presenza sciamanica sul palco. In questo, dobbiamo dire, era agevolato dalla presenza di due coriste che più che per le qualità canore si distinguevano per la snodatezza delle giunture (modello "I Like To Move It", per capirsi) ma, soprattutto, dal nostro preferito, un tizio che saltellava sul palco sventolando un bandierone giamaicano. Vorrei avere il suo lavoro.

L'inizio di Ben Harper è, ebbene sì, un filo deludente. Sarà la mezz'ora di pausa secca seguita a Damian, sarà che tutti erano più impegnati a bere o fare conversazione che seguire il concerto, sarà che lui non ha rivolto parola al pubblico per i primi 20 minuti, sarà la luce del giorno che toglieva atmosfera, fatto sta che neanche l'attacco di Oppression conquista. La prima parte del concerto scivola via veloce, Ben e gli altri fanno una lunga pausa, ma vengono ritirati sul palco a forza di applausi. E qui, per fortuna, cambia tutto. Pubblico più attento, lui più in forma, fa un duetto con Damian sulle note di Get up, stand up che per poco non fa venire giù lo storico bowl e poi infila uno dietro l'altro una serie di pezzi splendidi da Burn one down a The power of the gospel, per finire nel delirio generale con Better way.

Alcune considerazioni:

  • Ben Harper è incredibile: da solo, voce e chitarra acustica tiene su tutto il concerto. Assolutamente da vedere.
  • Per un qualche fenomeno a noi incomprensibile, il regno delle regole e del rispetto delle stesse si è per qualche ora trasformato nel paradiso della trasgressione: birre under age, joint ovunque (a proposito di burn one down).
  • Il people watching è uno spettacolo nello spettacolo! I migliori, a parte la tizia che ballava come un lombrico colto dal Parkinson (ma meriterebbe un discorso a parte), è l'inquietante famiglia freak affianco a noi che, dopo aver provato a minare l'udito del figlioletto di 5 mesi infilandogli nelle orecchie degli enormi tappi rossi ("fa male la musica ad alto volume"), lo allontanava prontamente quando i vicini si accendevano una sigaretta, ma non esitava per un istante al pensiero di farsi delle canne di dimensioni woodstockiane. Ehi, è naturale, mica come il tabacco!


'Cause I believe in a better way!

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